Descrizione
Si tratta di un Villino del primo Novecento, che sorge nell’area dove si trovano i resti dell’antico santuario di Giunone Lanuvina (o Giunone Sòspita), che fu ricostruito più volte tra la fine del VII e la metà del I secolo a.C.
La villa fu edificata nel 1906 in stile Liberty, per volontà di Francesco Sforza; venne danneggiata gravemente da un incendio pochi anni dopo e in parte ricostruita nel 1917.
Le fiamme distrussero la ricca biblioteca e molte opere d’arte. Dal Messaggero e dal Piccolo dell’epoca si leggeva “distrutte tutte le pregevoli opere, tra l’altro la completa ricca collezione dantesca… gli esemplari distrutti della divina commedia sono dei sec. XV e XVI e, tra essi uno illustrato dal Botticelli; altra rarità degli stessi secoli fu “ypnerotomachia poliphili” del domenicano F. Colonna un capolavoro della xilografia edito da Aldo nel 1499… distrutto il ricco salone con arazzi mobilio e oggetti d’arte tra cui un Tiziano ed un Van Dik… la ricca collezione di monete d’oro antiche e una importante collezione di bussole, la più antica delle quali del 1480.”
Il fabbricato si presenta con caratteristiche più circoscritte e, soprattutto, stilisticamente meno definite rispetto al Liberty tradizionale e non mostra minimamente l’impronta floreale, che è invece molto consistente in aree e città del Meridione. In area romana, del resto, lo sviluppo del liberty è stato fortemente vincolato da un passato con una marcata impronta revivalistica dei periodi antico, rinascimentale e barocco, che ne limitano il pieno sviluppo di tutte le potenzialità.
L’edificio venne inserito nell’ambito di un contesto allora non urbano e fortemente integrato con l’area archeologica circostante. La scelta di questo ambiente caratterizzò fortemente il carattere dell’opera architettonica, a cui venne dato un forte impatto scenografico e che fu costruita anche per essere vista da lontano in uno dei luoghi più suggestivi di Lanuvio: il Colle San Lorenzo.
Il più importante ambiente della Villa è la Sala delle Colonne, che prende il nome da due colonne marmoree a fusto liscio, una di Marmo Cipollino del II secolo d.C. e l’altra in Grigio Carnico, di cronologia incerta. Non sono note la loro origine e provenienza, anche se è probabile che siano state ritrovate nei possedimenti della famiglia Sforza Cesarini in Sabina. I pavimenti della sala sono in marmo bianco.
Ampi finestroni garantiscono una forte luminosità a tutti gli ambienti dell’edificio.
Il Villino fu colonia estiva nel dopoguerra e, a seguito di un esproprio cittadino del 1978, divenne proprietà del Comune negli anni Ottanta.
La villa é sede della Biblioteca comunale.