Descrizione
Il Colle San Lorenzo e gli scavi del Santuario di Giunone Sòspita
Il Santuario di Giunone Sòspita occupava il versante S-O del Colle S. Lorenzo che, a partire dall’età del Ferro (IX sec. a.C.), venne abitato con la forma del villaggio dalle popolazioni locali e che si trasformò, a partire dalla fine del VII sec. a.C., nell’acropoli dell’antica Lanuvium.Il Colle San Lorenzo era sicuramente un’area di straordinario impatto nell’antichità, per i suoi templi ma anche per la magnificenza delle sue ville extra moenia. Infatti è probabile che sul Colle, oltre al tempio della divinità poliade, dovessero sorgere altri templi dedicati a divinità minori, che noi non sappiamo localizzare topograficamente, ma che sicuramente si trovavano all’interno della zona sacra. Lo stesso Cicerone (De Finibus I 20, 63), del resto, narra che Lanuvio era ricchissima di templi e sacelli e, tra questi, di gran lunga il più celebre era quello dedicato a Giunone Sòspita Lanuvina. Alcuni scavi d’emergenza condotti recentemente all’interno di terreni privati hanno fatto riemergere importanti vestigia archeologiche e hanno, in parte, permesso di ricostruire, seppure non in maniera definitiva, parte dell’urbanistica del Colle in età antica. E’ sicuro, e questo è stato ben sottolineato dal Chiarucci nel libro Lanuvium, che il Colle fosse attraversato da un asse che, con direzione N-S, attraversava tutta l’antica Lanuvium. Quello che è altrettanto sicuro è che l’acropoli era fortificata e il suo accesso era possibile tramite porte urbiche. E’ verosimile che, all’esterno della fortificazione dell’acropoli, nella parte N-E del Colle S. Lorenzo, dovesse sorgere, a partire dal II sec a.C., una serie di impianti residenziali di notevole livello, come hanno dimostrato i rinvenimenti effettuati nella metà degli anni ’60 del secolo scorso dalla Lissi Caronna in più punti, lungo la via Laviniense.
Gli scavi del Santuario di Giunone Sòspita
L’area del Colle S. Lorenzo venne interessata, per la prima volta, da interventi di scavo nel 1884, ad opera di Lord Savile Lumley. Durante gli scavi di Savile, che si protrassero dal 1884 al 1892 e che vennero effettuati nell’attuale Parco Sforza Cesarini, tornarono immediatamente alla luce strutture in opera incerta, databili al II sec. a.C., e in opera reticolata, collocabili cronologicamente alla metà del I sec. a.C. Si rinvennero, inoltre, al di sotto di uno strato di crollo delle volte del portico (secondo terrazzamento del santuario), un torso di una statua marmorea di ninfa che usciva dall’acqua, capitelli e rocchi di colonna, fistole plumbee e numerosi frammenti del gruppo scultoreo equestre attribuito a Lucio Licinio Murena. Nell’ultimo anno di scavo si trovò, in un luogo imprecisato, una favissa votiva, dalla quale emersero le terrecotte architettoniche pertinenti alla II fase del tempio, che si datano alla fine del VI sec. a.C. Tra gli elementi più significativi di questi rinvenimenti vi sono le antefisse a testa femminile con nimbo traforato terminante a palmetta che un recente studio attribuisce a maestranze urbane. Gli scavi nella zona del tempio vero e proprio presero il via nel Maggio del 1914 e si protrassero fino al Febbraio dell’anno successivo. A dirigere gli scavi fu il Prof. Angelo Pasqui che riportò in luce i muri perimetrali delle fondazioni del tempio di fine IV sec. a.C., i piloni che sorreggevano le colonne del tempio tardo-arcaico (fine VI sec. a.C.) e, immediatamente all’esterno dell’antico impianto religioso, un muro in opera reticolata parallelo ai lati nord ed est dello stesso, e una piccola porzione di un lastricato, parte in basalto e parte in peperino, attualmente scomparso; emersero inoltre, all’interno della cella, olle d’impasto di varie epoche, frammenti di antefisse arcaiche, votivi in terracotta di età arcaica ed ellenistica, ma anche una testa marmorea, in frammenti, pertinente al gruppo di Licinio Murena che attualmente si conserva presso il Museo Civico Lanuvino. A Settembre 2006 e 2008 sono state realizzate due nuove campagne di scavo, dirette dal Prof. Fausto Zevi dell’Università “ La Sapienza” di Roma, all’interno della cella del tempio e nell’area dell’ex uliveto Frediani-Dionigi, i cui risultati sono in corso di pubblicazione e dunque, in questa sede, solo parzialmente accennati. Gli scavi hanno portato interessanti novità: nell’area del tempio, il cui scavo di settore è stato diretto dal dott. Fabrizio Santi, al di sotto degli strati di età arcaica, sono stati rinvenuti, sul banco tufaceo, i solchi di una capanna databile al IX sec. a.C. e corredi funerari di VIII sec. a.C.; nell’area dell’ex Uliveto Frediani-Dionigi, mai indagata prima, sono invece emerse strutture murarie, pavimenti a mosaico e battuti che coprono un arco cronologico che va dal II sec. a.C. al IV d.C.
Giunone Sòspita: il Tempio
Gli scavi archeologici fecero emergere, dal punto di vista architettonico, almeno tre diversi impianti: del primo restava – visto che allo stato attuale non è più visibile – un piccolo muro in tufo con orientamento S-O che ha fatto ipotizzare un tempietto lungo m 7 ma di cui non è stato possibile calcolare la larghezza.
Sul finire del VI sec a.C. si diede vita a un grande tempio di tipo tuscanico orientato ad ovest a cui vanno attribuite sia alcune strutture in peperino ancora visibili che una serie di terrecotte architettoniche, rinvenute, all’interno di una favissa votiva, da Lord Savile negli scavi del 1894-1892 e che, in buona parte, si conservano presso il British Museum di Londra. Si tratta di splendide antefisse a nimbo traforato di fattura campana con alcuni frammenti della cornice di coronamento laterale, della cima di un cornicione costituito da volute che sorreggono delle piccole palmette, di una lastra della trabeazione decorata al centro con un motivo geometrico floreale, con Kyma ionico nella zona superiore e con palmette in quella inferiore. Il tempio tardo-arcaico doveva essere a tre celle, con quella centrale leggermente più stretta delle laterali, e con due file di colonne nel pronao: esso misurava circa 22 x 16 m. Dopo la conquista romana di Lanuvio, avvenuta nel 338 a.C., il Tempio di Giunone Sospita entrò nell’orbita di Roma. A questo periodo vanno sicuramente attribuiti i lavori di ricostruzione di tutto l’impianto religioso che, rispetto alla precedente struttura (di VI sec. a.C.), mutò appena l’orientamento riutilizzando molti blocchi del tempio tardo-arcaico o di II fase che era a cella centrale con alae laterali. Del tempio medio repubblicano ci rimangono solamente i 2/3 delle fondazioni poiché la parte destra è crollata in seguito al franamento della terrazza del Santuario. Delle parti a vista dell’alzato non si trovò quasi traccia poiché, oltre ai vari danneggiamenti causati loro dagli eventi naturali, si aggiunse la distruzione dovuta soprattutto al reimpiego dei blocchi di peperino che le componevano; blocchi riutilizzati in strutture medievali che sorsero nelle vicinanze, come il campanile al Conventaccio, di cui purtroppo non è rimasta traccia a causa dei bombardamenti dell’ultima guerra. Negli scavi diretti nel 1914 dall’Ufficio Scavi della Provincia di Roma, emersero, oltre ai muri perimetrali del tempio in opera quadrata, un muro di recinzione in opera reticolata, parallelo ai lati nord ed est dello stesso, e un lastricato in basalto e peperino immediatamente all’esterno dell’antico impianto religioso che confermano come l’area immediatamente esterna al tempio venne interessata fino al I sec. a.C. da interventi di abbellimento dell’impianto religioso. A riprova del prestigio che in quest’epoca godeva il tempio abbiamo una notizia di Appiano secondo cui, nella guerra contro Sesto Pompeo, Ottaviano si servì dei tesori accumulati nella struttura religiosa. Sappiamo anche da testimonianze epigrafiche (C.I.L. XIV n. 2088) di un intervento di restauro da parte di Adriano, dovuto allo stato di disastrosa rovina in cui versava la struttura nel I sec. d.C. Plinio il Vecchio (Plin. N.H. XXXV, 17), infatti, ci testimonia che il tempio, che conservava splendidi intonaci raffiguranti Elena e Atalanta nude, era in stato di rovina.
Giunone Sòspita: i materiali conservati al Museo Civico
All’interno del Museo Civico Lanuvino è conservata una serie di oggetti provenienti dal Santuario di Giunone Sospita, tra cui si segnalano alcune lastre di rivestimento in terracotta, di età tardo-arcaica, con motivi vegetali. Alcune di esse, di ottima fattura e con una ricca policromia, si inquadrano cronologicamente alla fine del VI secolo a.C., altre terrecotte architettoniche si datano meglio agli inizi del V sec. a.C. Terrecotte architettoniche diverse per cronologia e per esecuzione potrebbero anche far presupporre un rifacimento, a distanza di pochi anni, del tempio di Giunone Sòspita. All’interno del Museo sono esposti anche una trentina di frammenti di bucchero e d’impasto provenienti dal terreno Dionigi, la cui origine dall’area del Santuario di Giunone Sòspita è certa. Dieci dei trenta frammenti si collocano cronologicamente nel VII secolo a.C. Questi oggetti, ad eccezione del frammento di olletta di impasto e di un frammento di ansa, sono composti esclusivamente da forme aperte e quasi tutte d’impasto. Oltre ai frammenti di VII sec. a.C., che hanno aperto nuove chiavi di lettura sulle più antiche fasi di frequentazione del culto di Giunone Sòspita, si segnalano, all’interno dei buccheri presenti nella collezione Dionigi donati al Museo Civico, due frammenti di piede ad anello di una coppa che attaccano tra loro, databili alla seconda metà del VI sec. a.C., con inciso il più antico alfabetario in lingua latina e il frammento di parete di una Kylix in bucchero con tubulo incorporato con impiego rituale per libagioni miste, databile alla fine del VII sec. a.C., di cui si sono trovati soltanto altri quattro esemplari e il cui centro di produzione è da localizzare, secondo la Cristofani-Martelli, in un atelier di Cerveteri attivo tra gli ultimi decenni del VII e gli inizi del VI sec. a.C. e specializzato verosimilmente nella produzione di tali Kylikes.
Giunone Sòspita: il Ninfeo del Santuario
Il ninfeo del Santuario di Giunone Sòspita è particolarmente interessante.
Si trattava di un’imponente struttura in calcestruzzo: dal Galieti – noto storico locale – sappiamo che, agli inizi del secolo scorso, esso era costituito da una fronte alta 8 m che guardava verso Sud. Era composto da una vasca lunga m 16,90 e larga 2,50 all’interno della quale si trovavano sette archi in opera reticolata che, secondo lo studioso, dovevano sorreggere la mostra della fontana. Quest’ultima era costituita da una serie di nicchie, in parte attualmente visibili, sempre in opera reticolata: le cinque centrali erano a pianta semicircolare, le due laterali a pianta quadrangolare. Tutto il ninfeo era abbellito da mosaici policromi di conchiglie e di pietra pomice, come del resto era usanza anche in moltissime fontane di Pompei. Dietro il ninfeo, all’interno di una proprietà privata, si trova il serbatoio dell’acqua costituito da un ambiente in opera reticolata di m 15×19.
Su questo ninfeo i Benedettini di Roma edificarono, nel XII sec. d.C., una chiesetta – distrutta nell’ultimo conflitto mondiale – al loro martire Lorenzo, da cui deriva, ancora ai giorni nostri, il nome della collina a nord del paese.
Giunone Sòspita: il terrazzamento del santuario
Il terrazzamento del Santuario di Giunone Sòspita è composto da una serie di imponenti strutture architettoniche: un grandioso portico che seguiva le linee naturali del colle su questo versante (metà I sec. a.C.), una porzione di muro a nicchie in opera reticolata con porta che dava accesso a una serie di cunicoli (metà I sec. a.C.), una struttura in opera quadrata interpretata come pilone di un arco monumentale (II sec. a.C.?), una struttura in opera incerta (fine II- inizi I sec. a.C.), un Ninfeo in opera reticolata e con rivestimento in pietra pomice con annessa cisterna (metà I sec. a.C.). Il portico partiva dal pilone in opera quadrata con direzione ovest e, dopo una piccola deviazione verso sud, seguiva per 120 mt. il lato della collina arrestandosi di fronte al muro a nicchie sopramenzionato. Il portico realizzato con la tecnica dell’opus reticulatum è costituito da una serie di semicolonne doriche che presentano, alla stessa altezza, dei ricorsi in mattoni. Era originariamente a due piani come dimostrato, grazie agli scavi condotti sul finire dell’800, dal rinvenimento, in posizione di crollo, della parte superiore delle volte che presentavano tracce di mosaico. E’ ipotizzabile che anche il secondo piano del portico fosse composto da semicolonne di ordine dorico. L’intero complesso architettonico cronologicamente si colloca alla metà del I sec. a.C. e la sua edificazione può essere messa in relazione all’ascesa di L. Licinius Murena, personaggio di origine lanuvina che nel 62 a.C. rivestì il consolato.
In fondo al portico c’è una porticina da dove si diparte una serie di cunicoli che alcuni identificano con la grotta in cui era custodito il serpente sacro a Giunone Sospita. Infatti sappiamo sia da Properzio (vedi box) che da Eliano (vedi box) che, nel Santuario, ogni anno all’approssimarsi della primavera, si svolgeva una cerimonia: alcune fanciulle dovevano porgere delle focacce a un grosso serpente che si trovava all’interno di un antro; se l’animale accettava il cibo offertogli dalla fanciulla (indizio della verginità di quest’ultima), si prospettavano raccolti fecondi; in caso contrario, la fanciulla (rivelatasi impura) veniva sacrificata per scongiurare la carestia.
Un’ipotesi da tener presente è che questo antro potrebbe essere localizzato, in base a dati toponomastici, in località Stragonello, il cui nome deriverebbe da Dragone e, non a caso, nelle succitate fonti antiche si parla di draco e di dracon. Nella parte opposta, rispetto al Portico, si trovano i resti di una struttura in opera quadrata di peperino, secondo alcuni pertinente probabilmente a un arco di ingresso che immetteva nell’Acropoli, ma non è escluso che essa potesse avere qualche relazione con gli altari collocati esternamente al Tempio. Vicino a tale struttura si rinvennero, durante gli scavi Savile, i resti di un gruppo marmoreo di statue equestri con lorica, oggi conservate al British Museum di Londra e al museo di Leeds, ad eccezione di un torso e di una testa con altri frammenti che si trovano invece al Museo Civico Lanuvino. Tali sculture sono state interpretate da Filippo Coarelli come una trasposizione marmorea di un gruppo bronzeo realizzato dallo scultore greco Lisippo, rappresentante Alessandro e i cavalieri caduti nella battaglia del Granico (334 a.C.). L’opera si trovava, fino alla metà del II sec. a.C., nel Santuario di Dion in Macedonia, da dove Scipione Metello Macedonico la trasferì a Roma, dopo la conquista della stessa Macedonia. E’ probabile, secondo lo studioso, che la copia in marmo e la ricostruzione di tutto il santuario siano da attribuire a quel L. Licinius Murena console nel 62 a.C. e vittorioso, insieme a Lucullo, in Oriente contro Mitridate, in prossimità del Granico. L’opera dovrebbe quindi raffigurare Licinio Murena o Lucullo in qualità di “novelli” Alessandro Magno – e, al posto dei generali macedoni, gli ufficiali romani – ed essere letta, quindi, come una imitatio Alexandri.
Le strutture del II sec. a.C.
Attorno al 90 a.C. venne edificata, ad Ovest del Tempio, una struttura in opera incerta ubicata immediatamente alle spalle delle sei arcate del portico tardo-repubblicano ricostruite, agli inizi del ‘900, da Vincenzo Seratrice. Di questa struttura, di cui abbiamo considerevoli testimonianze, notiamo l’orientamento del tutto diverso rispetto al portico di metà I sec. a.C. ed essa sembra essere piuttosto in relazione al bastione sinistro della porta meridionale che immetteva nell’acropoli di Lanuvium, collocato nella zona a S-O dell’impianto religioso. Strutture murarie situate nel Parco della Rimembranza (primo terrazzamento del versante Ovest del Santuario di Giunone Sòspita). Le strutture murarie situate nel Parco della Rimembranza, pertinenti a tre fasi edilizie di epoca romana, sono visibili da Viale Giacomo Matteotti. La I fase è costituita da un muro di contenimento in opera quasi reticolata di cui rimangono poche tracce evidenti, a causa dell’obliterazione che comportò, pochi decenni più tardi, la costruzione di un altro muro in opera non ancora perfettamente disposta a reticolo (II fase) e con speroni di rinforzo, con la stessa funzione di contenimento. La terza fase è costituita da un allungamento degli speroni del muro di II fase con muri in opera reticolata e copertura a volta del soffitto. Si viene così a formare una serie di ambienti simili, probabilmente adibiti alla vendita degli ex voto.
In merito alla cronologia delle tre fasi murarie, sulla base della tecnica edilizia impiegata (quasi reticolato per la prima fase, reticolato per la seconda e terza), criterio non sempre soddisfacente per definire le cronologie, le strutture murarie vanno con buona probabilità tutte circoscritte alla prima metà del I sec. a.C.
Giunone Sòspita: l'antro del serpente
L’Antro del Serpente si trova all’estremità nord del Portico, dove una stretta porta consente l’accesso a un primo ambiente semicircolare, in gran parte diruto, cui segue un’ampia galleria orientata SW-NE, lunga circa 35 metri e caratterizzata dalla presenza di 9 ambienti laterali, tutti sul lato SE, lunghi da 3 a 12 metri. In fondo alla galleria si interseca uno strettissimo cunicolo idraulico trasversale, forse precedente, percorribile per circa 40 metri. Questo cunicolo, insieme ad altri attraversati nel medesimo punto ma interrati, doveva essere utilizzato come conserva d’acqua potabile, condotta poi attraverso una canaletta scavata sul lato N-W della galleria principale fino agli ambienti iniziali, dove forse era un piccolo ninfeo o una semplice fontana. I primi tre ambienti laterali presentano una struttura complessa – difficile da identificare ma legata forse a delle vicine cisterne – e intercettano inoltre alcuni cunicoli idraulici, ora completamente interrati. Le altre gallerie appaiono come semplici depositi o ricoveri.
Sulla natura di queste strutture laterali sono ancora in corso studi.